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Tariqa Alawiyya Madaniyya Ismailiyya

Shaykh_Madani, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova)
Shaykh, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova) Oh Tu che versi [il vino] agli amanti, riempi le coppe con il vino
dell’“assaporamento“ iniziatico, che da’ nuova vita alle anime.
La Presenza dell’Assoluto ha fatto apparire i soli e ha tolto il velo dal volto di Layla.

Lo scopo degli amanti consiste proprio nel levarsi del velo.
Quando si manifesta dal Mare dell’Assoluto,
in ogni oggetto di splendore v’e’ la bellezza di Layla.

Shaykh Al Alawi
sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova)

La Via del Sufismo

CHI SIAMO

  Chiunque Allāh ha portato a noi, è benvenuto. Egli lo ha invitato all'ampiezza, e alla direzione che mostra la buona via lo ha chiamato. [...] Nel giardino del mio Amato, si trova il mio raggiungimento dell'Unione e della Prossimità: il piacere del mio cuore è la luce della Presenza dell'Unità  
Shaykh Isma'il Al Hedfi Madani

La lode spetta a Dio, Signore dei Mondi, e la Preghiera al Suo Profeta Muhammad (sA‘ws) e a tutti gli Inviati e Profeti di Dio.
Non c’è dio se non Iddio, il Clemente, il Misericordioso, e cercarLo è il primo dovere del faqir, ovvero di colui che intraprende la Via del Sufismo.
Egli si deve fare interiormente povero – faqir, appunto – cioè spogliare la propria anima di tutte le sovrabbondanze che la confondono.
Solo quando si sarà spogliato di queste apparenti ricchezze, potrà – se Dio vuole – trovare la vera Ricchezza, quella di Dio, che è il Ricco per eccellenza.
La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (che si trova in provincia di Genova) è nata – per volere di Dio e tramite la spinta del Suo servitore, Shaykh Isma'il Al Hedfi (che Dio sia soddisfatto di lui) – proprio per aiutare chi cerca a trovare – se Dio vuole.
La Via del Sufismo è una via lunga e stretta, non per tutti adatta e non a tutti destinata.
Per tentare di percorrerla occorrono il volere di Dio e l’aiuto di Shaykh Isma'il e dei suoi muqaddam.

L’obiettivo principale che si persegue nella Zawiya, con moqaddem italiano (Sidi Abd al-Jamil Muhammad al-Fadhel) e componenti italiani proprio perché incaricata di diffondere il sufismo in Italia e in Europa, è rappresentare un centro da cui colui che chiede davvero (il murid) ottenga davvero – se Dio vuole.

Gli strumenti sono quelli che Dio stesso ha donato nel tempo all’Uomo tramite i Suoi Profeti, Inviati e Santi (su di loro la Pace).
Naturalmente il rispetto della Sua Legge è fondamentale e scontato, ma ancor più scontato è per i fuqara della Zawiya Ismailiyya d’Italia il rispetto assoluto di tutti i credenti di qualsiasi Religione tradizionale, l’amore incondizionato per tutti coloro che temono Dio, la carità verso coloro che davvero Lo cercano col cuore.
La nostra Zawiya aspira ad essere una comunità di persone che «Egli ama e che Lo amano, umili con i credenti, fiere con i miscredenti» (C or. V, 54).
sidi fuqara zawiya, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova) Oltre al rispetto per la Legge di Dio e all’amore per i credenti, senza distinzioni tra Induisti, Buddisti, Ebrei, Cristiani o Musulmani, per intraprendere la Via del Sufismo (quello puro e non quello inquinato da troppe suggestioni che si presentano come sufi e invece risultano solamente new age) è necessario l’esercizio costante e accurato delle tecniche della Tradizione sufi, così come sono state tramandate da maestro a discepolo dall’Origine ad oggi.
La trasmissione di tali tecniche può avvenire solo oralmente: benché purtroppo si trovino in libreria o su internet documenti, immagini, brani sonori e visivi che illustrano tali tecniche, colui che sinceramente aspira a seguire una Via Iniziatica dovrà ricercare solo una trasmissione regolare, sotto la guida di un Maestro regolarmente designato.


Tecniche preziosissime come il dhikr, l’imara, la qadra e così via, possono essere solo trasmesse – ribadiamo – da maestro a discepolo, così come è avvenuto fino ad oggi.
Ciò va ad esclusivo beneficio del discepolo stesso: solo tramite l’attenta vigilanza del maestro si può sperare di progredire sulla Via del Sufismo verso la propria realizzazione spirituale – sempre se Dio vuole.
Abbiamo dato per acquisita la locuzione “Via del Sufismo”, poiché certamente chi si addentra in queste righe ne deve avere una certa cognizione, per lo meno sul piano teorico.
Tutti i veri Maestri sufi, e tra questi anche Shaykh Ismail, riconoscevano il cuore del Sufismo nel Bene (Ihsan) – il terzo piano della Via per avvicinarsi a Dio dopo la sottomissione a Lui (Islam) e la Fede (Iman).
Ihsan è letteralmente «invocare Dio come se tu Lo vedessi, perché anche se tu non Lo vedi, Lui ti vede».

Come in un frutto esiste la buccia che lo tiene insieme (la Religione), poi c’è la polpa che lo costituisce e ne è la struttura (la Via), e c’è infine il nocciolo (la Verità): esso è il cuore e l’essenza del frutto, e se seminato diventa l’albero di quello stesso frutto, cioè lo contiene interamente.
Nella nostra Zawiya, si cerca di arrivare – se Dio vuole – a questo nocciolo, tramite il rispetto della Legge di Dio, l’amore per i fratelli nella fede e per i fratelli di altre Tradizioni di fede, la pratica delle tecniche sotto la guida del maestro e tramite dunque la consapevolezza di ciò che significa percorrere la Via del Sufismo.

hadra, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova) Sono auspicabili un adeguato orizzonte intellettuale, un buon fervore spirituale e quelle qualità iniziatiche necessarie che il Maestro saprà riconoscere, se presenti.
Restano illuminanti alcuni testi, tra cui gli scritti di René Guénon e di Titus Burckhardt, determinanti per un corretto approccio alla Dottrina metafisica e per aver rischiarato l’importanza della Tradizione nell’Occidente contemporaneo, ove la vera Tradizione si era ormai spenta.
Tramite questi testi, risulterà meno difficoltosa la comprensione degli insegnamenti tramandati da Shaykh quali Sidi Muhiddin Ibn Arabi, Al-Alawy, ‛Abd al-Qādir al-Jazāirī, Ghazali, Rumi e altri ancora.
In particolare per un avvicinamento alle caratteristiche della nostra Tariqa, consigliamo la lettura del libro Un Santo Sufi del XX Secolo di Martin Lings.


Tutti questi scritti sono supporti di valore, poiché inquadrano grandi Tradizioni come il Taoismo, l’Induismo, l’Ebraismo, il Buddismo, il Cristianesimo e l’Islam come anelli di una catena di insegnamenti che Dio ha donato all’Uomo affinché questi Lo trovi e Lo conosca – se e quando Lui vuole.
Ma il supporto è per definizione ciò che contribuisce a sostenere una qualche altra cosa preponderante. Così, lo studio della Dottrina supporta e approfondisce la conoscenza della Via del Sufismo, ma l’unica “condicio sine qua non” indispensabile è farsi interiormente poveri, perché è stato detto: «Beati i poveri in Spirito perché di essi è il regno dei cieli». (Mt 5,3).

La Via del Sufismo è un impegno totale e unico: totale, nel senso che esso investe tutti gli aspetti della vita di colui che cerca e ne richiede un cambio di rotta (nelle abitudini, nella disposizione spirituale, nell’interazione col prossimo e così via); unico, nel senso che esso non ammette distrazioni che,per quanto apparentemente affini o certamente lodevoli, possono solo ostacolare o sviare il raggiungimento della propria realizzazione.
Per questo, non rientrano tra gli obiettivi della Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia attività di tipo politico, sociale o culturale.
Siamo indifferenti ad interventi nei dibattiti di più stretta attualità (locale, nazionale, internazionale) così come a pubblicazioni di carattere divulgativo o dottrinale sul tema del Sufismo o affini.
A coloro i quali, fratelli nella fede o credenti di altre Tradizioni religiose, hanno invece interesse per questo tipo di azione e a fin di bene si impegnano pubblicamente, a voce o per iscritto, a creare con buona volontà un clima di amore e fratellanza tra gli uomini, va il nostro più sincero rispetto e preghiamo affinché i loro intenti pacifici trionfino.
A noi è più congeniale l’approccio tramandato attraverso i secoli dai Maestri sufi, peraltro simile ad esempio a quello dei Maestri zen, buddisti e taoisti: per migliorare il mondo, bisogna partire col migliorare noi stessi.
L’unica lotta che dunque ci preme su questa Terra è contro quelle apparenti ricchezze interiori che ci impediscono di farci «poveri di spirito» e di conseguenza di trovare la vera Ricchezza – se Dio vuole.
Questo sito rappresenta quindi la semplice testimonianza dell’esistenza della Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia, una porta sempre aperta a colui il quale cerca davvero col cuore.

Silsila

silsila, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova)


Polo dei Poli

Lo Shaykh



Biografia del Polo Signoriale,
il Sapiente per Allâh,
Ineffabile (Al Samad),
lo Shaykh ISMA’IL AL-HADFI AL-MADANI

Lode ad Allâh per la perfezione della Sua Religione (‘alâ ikmâl dîniHi).
Lo ringraziamo, quale Altissimo, per aver portato a compimento i Suoi celesti benefici (ni’ maHu), Lo elogiamo doppiamente per averci resa gradita la religione dell’Islâm.
Compiamo atti pacifici ed unitivi su nostro signore Muhammad, Messaggero della Misericordia offerta a tutti coloro che si appoggiano alla sua famiglia e ai suoi discepoli sapienti che hanno messo in movimento i calami affinché fossero utilizzati nella scrittura per la rivelazione e l’ispirazione (Al-wahî wa-l-ilhâm).

Shaykh Isma'il con i suoi fuqara, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova) Il Polo Signoriale, nostro signore Sidi Shaykh Ismâ’îl al-Hadfi al-Madanî, nacque nella Mashkiyat Walid al-Hâdif , una tribù composta da famiglie antiche sia per il mondo arabo che per l’Islâm, i cui componenti discendevano dagli arabi dell’Andalusia.

Crebbe in casa in bontà e scienze, in un ambiente ottimo, impregnato di pietà e timor di Dio e la migliore delle prove a questo proposito fu che Dio Altissimo gradì che apprendesse il Corano tramite suo fratello Sidi Ahmad ben Othman el-Hadfi, completandone l’apprendimento nell’adolescenza, intorno all’età di diciotto anni.

, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova) Questa precocità nel memorizzare il Corano, è chiaro segno del suo essere nell’Amor divino e nella dedizione a Dio.

Il suo stato spirituale fin dalla nascita, si rivelò eccellente (mumtâz ) rispetto a quello delle altre nascite ed ogni “attratto” (mujâdhîb) di Tozeur lo soprannominò fin dalla giovinezza “al-khalifa”.
Alla sua morte, chiese di essere seppellito nella moschea della zawwiya, dicendo: “Affinché possa sentire i miei figli che compiono il dhikr, quando lo compiono.”

Shaykh Isma'il con suo figlio Munawar Le nobili luci del suo spirito sono dunque sorte e sono apparse nel mondo della testimonianza (‘aâlamu al-shahâda) il 28 maggio 1916 a Tozeur antica, già onorata dalla presenza di un gran numero di Santi
. Tozeur, che vuol dire “far visita” deve il suo nome proprio al fatto che ospitando varie spoglie di Santi (ahbâb) di Allâh Altissimo sia diventata meta di visite devote.

, sufismo in Italia, in nome del Dio, La Zawiya Alawiyya Madaniyya Ismailiyya d’Italia (provincia di Genova) Per leggere la sua biografia, scritta da chi è vissuto per tanti anni accanto a lui, cliccare QUI

Conversazioni Spirituali (mudhakarat) di Shaykh Isma'il

PAROLA DEL MAESTRO

Sidi Ahmed Hadan, muqaddam a Tozeur, arrivò assieme ad un gruppo di giovani e disse al nostro Shaykh: “Questi fratelli vogliono conoscere la strada del Sufismo e voglio il suo consiglio”.
Li accolse e disse loro: “Omar al Khattab ha detto: “Un giorno, mentre eravamo seduti accanto al Profeta (saws), (...)

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Abbiamo parlato prima di Fede [Iman] e Islam e parliamo oggi del Bene [Ihsan].
Il Profeta ha vietato ai suoi di fare tante domande e di non parlare di cose di cui non sono sicuri (basandosi su racconti altrui), perciò hanno smesso di fare domande anche se avevano tanto bisogno (...)

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La terza domanda di Gabriele al Profeta era: “Parlami dell’Ihsan (Il Bene)”.
Il Profeta rispose: “È che tu adori Dio come se Lo vedessi; perché se tu non Lo vedi, certamente Egli ti vede”La comunità è composta da 3 parti: gente comune, gente privilegiata e gente super-privilegiata, perché esistono 3 tappe di percorso: (...)

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Disse [Gabriele]: “Dimmi cos’è l’Ora”.
Il Profeta rispose: “L’interrogato non ne sa più di chi lo interroga”. [E Gabriele:] “Parlami allora dei segni premonitori”. [E il Profeta:] “Quando la schiava genererà la sua padrona e quando vedrai i pastori, miseri, scalzi e nudi, competere nelle costruzioni più elevate”. “L’interrogato non ne sa più di chi lo interroga” (...)

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Dio l’Altissimo dice: «Allorché la Cadente cadrà nessuno la caduta sua smentirà» (Cor. LVI, 2-3).
Nel Giorno del Giudizio le persone saranno divisi in 4 gruppi:
- persone innalzate nella vita e dopo la vita. Allah ci mette tra di loro.
- persone innalzate nella vita, abbassati dopo la vita. (...)

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Allah l’Altissimo dice: «E voi sarete divisi in tre schiere.
E quelli della destra, oh, quelli della destra!
E quelli della sinistra, oh, quelli della sinistra!
E i Precursori, i Precursori! Saranno a Dio più vicini» (Cor. LVI, 7-11).
Allah ha diviso le persone in tre gruppi: (...)

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Allah l’Altissimo dice: «Purifica la Mia Casa per quei che l’aggirano pii, per i ritti in preghiera, per chi si inchina e si prostra» (Cor. XXII, 26).
“La Mia Casa” significa il cuore del credente; lo devi pulire da tutto ciò che odia Allah: l’odio, l’invidia, l’ostentazione e così via.
Coloro che vi girano attorno, si inchinano, si prosternano sono gli Angeli.
Non bastano dhikr e sincerità, ma il cuore che contiene odio, invidia e così via, odia il Re (...)

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Allah l’Altissimo dice: «O voi che credete!
Non vi distraggano le vostre ricchezze e i vostri figli dalla menzione del Nome di Dio. Quelli che tal cosa faranno, certo perderanno» (Cor. LXIII, 9).
Così Allah, gloria a Lui l’Altissimo, ci proibisce di distrarci dal ricordo di Lui, quand’anche si tratti delle ricchezze e dei figli, benché importanti.
Chi fa questo sarà perdente.
Se qualcosa ti distrae da Allah, allora significa che la ami più di Lui.(...)

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Nei consigli saggi del Corano [si legge]: »Invoca dunque il Nome del Signore e votati a Lui devoto, il Signore dell’Oriente e dell’Occidente, non v’è altro dio che Lui: Lui scegli tu a Patrono!
E paziente sopporta quel che dicono e allontanati da costoro dignitoso» (Cor. LXXIII, 8-10).
È un discorso fatto al Profeta, ma è per tutta la umma.
Questo versetto contiene cinque ordini. (...)

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O mio Dio, fai discendere il Tuo più perfetto atto unificante e la Tua pace più totale sul nostro Signore Muhammad, Oceano di generosità, Tesoro dell’esistenza, Asse di contemplazione, Pupilla dell’occhio dell’esistenza, Segreto penetrante dell’esistenza, tanto quante teofanie sono in essa,Atto unitivo che ci apre, nei domini della conoscenza, tutte le porte con cui ci togli ogni velo dai cuori.(...)

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Dice Sidi Ibn ‘Atā Allah Al-Iskandarī: «Non lasciare il Ricordo per il fatto che in esso non hai presenza con Allah: il tuo esser dimentico del Suo Ricordo è cosa ben peggiore del tuo esser dimentico ‘nel’ Suo Ricordo.
Infatti, può ben darsi che Egli ti elevi dal Ricordo con la dimenticanza, al Ricordo con l’esser desto;
e dal Ricordo con l’esser desto al Ricordo con la presenza; (...)

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Chiunque Allāh ha portato a noi, è benvenuto.
Egli lo ha invitato all’ampiezza, e alla direzione che mostra la buona via lo ha chiamato.
Ricerco con tutta intensità la mia [stazione della] permanenza nella contemplazione dell’Oceano dell’Essenza.
Dopo la sottomissione, [nella distribuzione di] ciò che ci viene reso, [vi sono] i miei istanti della visione dell’Essenza sublime (..)

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  Il mio cuore è diventato capace di accogliere ogni forma. È il pascolo per le gazzelle e il convento per i monaci. È un tempio per gli idoli e la Ka'Bah per chi vi gira attorno. È le tavole della Torah e pure i fogli del Corano La religione che io professo è quella dell’Amore. Ovunque conducono le sue cavalcature l’Amore è la mia religione e la mia fede.   
Ibn ‘Arabi
L’interprete dei desideri, XI, 13-15

Polo dei Poli

parole sufi

Sarebbe stato fatto discendere
dal Giardino
se non fosse stato per il pavone e il serpente
che condussero Iblis?
La tua collera e il tuo appetito
sono il pavone e il serpente.
Il primo aiuta il demone,
il secondo l’anima.

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Questo digiuno significa il digiunare col cuore da tutte le preoccupazione che non hanno vera importanza e dai pensieri mondani, non interessandosi più di nulla se non di Allāh l’altissimo.
Questo digiuno è rotto con il pensare a qualsiasi altra cosa che non concerne Allāh l’altissimo o il Mondo a venire. È rotto dal pensare a cose mondane, all’eccezione di quelle che conducono a fini religiosi, poiché, in tal caso, esse costituiscono parte della provvigione per il Mondo a venire, e non sono di questo mondo. (4)
[...] Quelli che sono versati nella via spirituale del cuore dicono che persino il preoccuparsi all’organizzare la rottura del digiuno è un peccato.
Quest’ultima preoccupazioni ha origine dalla mancanza di fiducia nella generosità di Allāh l’altissimo, e dalla mancanza di fede nella Sua promessa di sostentarci. [...]
Questo tipo di digiuno non può essere oggetto di esami dettagliati, poiché la sua vera natura si rivela meglio quando è messo in atto. (5)

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Louange à Dieu, qui nous a épargné ces épreuves auxquelles Il a soumis bon nombre de Ses créatures !
Que la grâce et la paix soient sur le Prophète et sa famille Cette lettre émane d'un esclave de son Seigneur ayant beaucoup de méfaits à se reprocher: Ahmad Ibn Mustafa alAlawi que Dieu lui accorde Sa grâce et lui inspire, ainsi qu'aux croyants, de suivre la voie la plus droite ! Le destinataire en est le juriste réputé, le Cheikh Sidi Uthman Ibn alMakki, professeur à la grande mosquée de Tunis que Dieu le fasse prospérer et le purifie de tout démon révolté !
Que la paix de Dieu soit sur vous, aussi longtemps que vous montrerez de la déférence à l'égard des membres des confréries :
"Celui qui vénère ce que Dieu a déclaré sacré en tirera bénéfice auprès de son Seigneur", Sourate 22 :
Le pèlerinage (AlHajj) verset 30.

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«L’umile adoratore del suo Signore, il prigioniero dei suoi difetti, colui che importuna (almutataffil)
la comunità dei credenti, colui che loda l’Inviato di Allâh – su di lui le migliori benedizioni di Allâh – Muhammad ben Alî at-Tâdilî, di Rabat per la nascita, di Sigilmâsah 1 per l’origine, el-Hasani 2 per il lignaggio».
È con queste parole che si presenta, con tutta la cortesia dell’Oriente, lo Shaykh Tâdilî in una delle sue opere sul tawhîd,o la Dottrina dell’Unità.

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Si può definire essere contingente quello che non ha in se stesso la propria ragione sufficiente; un simile essere, per conseguenza, non è niente, di per se stesso, e nulla di quel che è gli appartiene in proprio.
È questo il caso dell’essere umano, considerato come individuo, così come di tutti gli esseri manifestati in uno stato qualsiasi, poiché, qualunque sia la differenza tra i gradi dell’esistenza universale, essa è sempre nulla nei confronti del Principio. Questi esseri, umani o no, sono dunque, per tutto ciò che sono, in totale dipendenza dal Principio, «al di fuori del quale nulla, assolutamente nulla, può esistere» 1 ;
ed è proprio la coscienza di questa dipendenza che costituisce quel che numerose tradizioni chiamano “povertà spirituale”. In pari tempo questa coscienza, per l’essere che vi sia pervenuto, ha per conseguenza il distacco da tutte le cose manifestate, in quanto un tale essere sa da quel momento che anche queste cose non sono niente e che la loro importanza è rigorosamente nulla nei confronti della Realtà assoluta.
Nel caso dell’essere umano questo distacco comporta essenzialmente e anzitutto l’indifferenza verso i frutti dell’azione, come in particolare si insegna nella Bhagavad-Gîtâ, indifferenza mediante la quale l’essere sfugge all’indefinito concatenarsi delle conseguenze dell’azione:
tale è «l’azione senza desiderio» (nishkâma Karma), mentre «l’azione con desiderio» (sakama Karma) è quella compiuta in vista dei suoi frutti

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Il simbolismo della caverna viene proposto più volte nel Corano e ricorre anche in altre tradizioni. Nella trattazione che svilupperò qui di seguito, cercherò di evidenziarne alcuni significati, di interesse per il lavoro iniziatico.
La caverna è un luogo coperto e nascosto agli occhi: essa è collocata sottoterra, circostanza che la accosta già a un primo esame all’idea della morte e della conseguente sepoltura.
È un luogo a cui è difficile accedere: la sua collocazione nel sottosuolo la rende nascosta ai più; inoltre, la sua entrata può essere mascherata – come nel caso della tela del ragno che proteggeva la caverna in cui il Profeta dell’Islam (sA’ws) si era rifugiato – o ostruito da una pietra.
A volte, tali ostacoli vengono simbolizzati con un labirinto che, se percorso fino in fondo, porta all’ingresso.
Il labirinto rappresenta una prova difficile da superare (si pensi a Teseo che vi accede per uccidere il Minotauro), ma allo stesso tempo è simbolo del lungo viaggio e del pellegrinaggio; infatti, nel medioevo, percorrere il labirinto tracciato sul pavimento di certe chiese era sostitutivo del pellegrinaggio in Terra Santa, per coloro che non potessero compierlo.

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  O mio Dio! Metti una luce nel mio cuore, una luce nella mia tomba, una luce nel mio udito, una luce nella mia vista, una luce nei miei capelli, una luce nella mia pelle, una luce nella mia carne, una luce nel mio sangue, una luce nelle mie ossa, una luce davanti a me, una luce dietro di me, una luce su di me, una luce sotto di me, una luce alla mia destra e una luce alla mia sinistra. O Dio! Accresci la mia luce, donami una luce, fammi luce, o Luce delle luci, con la Tua Misericordia, o Misericordioso!   
Preghiera del Profeta

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